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Rivista n. 100_Mazzoleni

Il Tempo di scrivere
Slow journalism è un’espressione che è entrata in circolazione da meno di un anno. E ha subito fatto tendenza, come tutto ciò che nella nevrosi odierna ammicca al ritorno alla lentezza, in ogni settore. Ma che cosa significa? I riflettori non sono puntati su questo o quel prodotto giornalistico ma, in nuce, su un metodo di lavoro.
Ed è a questo punto che, facendo mente locale, ci si rende conto che se anche lo slogan “slow journalism” è fresco di invenzione, in realtà il panorama editoriale, italiano e straniero, è punteggiato di grandi e piccole realtà che da anni, se non addirittura da decenni, ai principi cardine di questo metodo si sono sempre, rigorosamente e caparbiamente ispirate.
Coraggiosamente, direi, nel bel mezzo della crisi globale e dello tsunami della rivoluzione digitale. Tempi, insomma, che sembravano rendere ormai improrogabile un cambiamento radicale in nome di più aggiornati “modelli di business”.
Mi pare che l’ecosistema editoriale bergamasco non faccia eccezione. Ed è in questo senso che, trovandomi a ri-sfogliare oggi “La Rivista di Bergamo”, più che ai contributi che di volta in volta ho avuto la possibilità di redigere in questi anni come autrice, il mio pensiero si è mosso sul filo del mio “ruolo” di lettrice, srotolando nella mente i tanti servizi letti e riletti, per passione o per necessità professionale, nella percezione di un comune denominatore: nel panorama editoriale locale, è evidente, “La Rivista di Bergamo” è uno spazio che offre la possibilità di un modo diverso di leggere, ma anche di scrivere. [...]