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Rivista 105_I paesaggi interiori di Francesco Parimbelli

È un’atmosfera rarefatta, quasi monocroma, ad accoglierci nello studio di Francesco Parimbelli. L’interno, animato alle pareti e ai tavoli da una cartografia ininterrotta di disegni in bianco/nero, vibra di un’energia sospesa tra i particolati del carboncino e i tagli di luce e d’aria che entrano dall’arteria di via Colleoni, nel punto in cui questa si allarga tra vicolo Ghiacciaia e via Tassis. A vederle così, raccolte in pochi metri quadri, le opere di Parimbelli compongono uno scenario etereo e profondo, una visione che sconfina oltre le superfici dell’atelier – un ambiente di lavoro intimo, silenzioso, che dice molto del carattere e della vena creativa dell’artista.
Francesco Parimbelli è nato a Bergamo nel 1961 e nella sua Bergamo intessuta d’affetti e relazioni coltivate nel segno dell’arte vive e lavora lontano dai riflettori, esponendo di rado i propri cicli grafici e pittorici.
L’ultima personale, nel febbraio 2020, si è tenuta nella sala Virgilio Carbonari del Palazzo municipale di Seriate e ha portato all’attenzione del pubblico il frutto della sua recente produzione. Al centro della riflessione, il senso del tempo che passa e consuma le tracce dell’uomo, il ciclo delle stagioni e della storia, affidato ai segni del paesaggio naturale e architettonico: ponti sospesi, incroci di travi, pale di mulino, ceppi di legna, restituiti a carboncino su fogli grandi fino a 260x150 cm, trafitti dal biancore di una luce che erode i contorni, che smangia gli assiti, che annulla i confini.
In tali opere, quasi ossidate dalla radicalità del monocromo, o meglio dell’acromia, la forma è tutta tesa al bilanciamento dei bianchi e dei neri e all’espressione pulsante di una spiritualità inquieta, di un’interiorità in cerca di risposte, aperta – nella quotidiana e severa disciplina del segno – a minime in/afferrabili rivelazioni. [...]