L’origine del film
Per chi non conosce Cesare Benaglia, è difficile tracciare un profilo sintetico, si può semplicemente dire che la sua vocazione artistica si è svolta piano, piano, ma in modo intransigente: a dieci anni comincia a lavorare nella falegnameria del nonno, poi incontra la pittura che, dopo qualche anno di apprendistato, sposa come occupazione e che gli consentirà di ricevere premi importanti. Successivamente torna ad occuparsi del legno: si dedica alla scultura, e soprattutto agli alberi e al mondo del bosco. Il suo è un lavoro lungo, che si intreccia strettamente coi luoghi in cui è nato e vissuto, che si mescola ad alcune matrici culturali bergamasche, e che coinvolge e riguarda, in modo coerente e assoluto, tutta la vita.
Io ho incontrato Cesare nella prima metà degli anni Novanta, quando l’artista aveva terminato, dopo un decennio di lavorazione, la creazione delle sette sculture che scandiscono il sentiero che si dipana dalla Madonna della Castagna, e aveva appena concluso l’opera Specchio di clima, nel parco pubblico del suo Comune, Valbrembo. Benaglia mi si presentò in laboratorio con lo scopo di fare due chiacchiere. Non sapevo quasi nulla di lui. Inizialmente lo ascoltai distrattamente, come forma di educazione. Tuttavia, l’artista e i suoi narrati riuscirono a catturare il mio interesse: in quelle parole trovai qualcosa di autentico che mi attrasse e che mi condusse, poi, a frequentarlo lungamente negli anni successivi.
Nel 2010, in questo senso, curai una sua mostra al Museo di Scienze Naturali di Bergamo dal titolo “Cesare Benaglia e gli insetti: scolpire la natura”, un’esposizione che voleva presentare, in un dialogo ravvicinato, il rapporto tra la ricerca dell’artista e il mondo, il punto di vista della scienza. [...]