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Sulle tracce di un Verdi bergamasco

Cosa faceva Giuseppe Verdi a Treviglio, lungo i viali della stazione ferroviaria, da poco inaugurata, ubbidiente ai dettami dei medici, che gli imponevano lunghe passeggiate contro la “febbre gastrica recidivante”? Semplicemente si confrontava, conversando, con illustri personaggi locali, destinati a divenire protagonisti della storia e della cultura di quegli anni eroici dell’Italia Risorgimentale, come Tommaso Grossi, Gian Battista Nazari, Andrea Verga, Giacomo Sangalli.
E a Clusone, ossessionato dalla Danza macabra, alla cui vista si riproponeva di scrivere una grande sinfonia di rara potenza espressiva, capace di esorcizzare il tema inquietante della morte, come una Messa di Requiem? Semplicemente godeva dell’ospitalità della Contessa Clara Maffei, nel suo palazzo in valle, alternativa privilegiata al famosissimo salotto milanese.
E a Bergamo, affascinato eppur costretto a fuggire per i contrastanti stati d’animo, davanti alla statua d’oro del Colleoni a cavallo, foriera dei fantasmi dell’umana vanità, non differenti da quelli che incontrava conversando col Donizetti ormai malato? Semplicemente si confrontava coi temi della memoria e del genio, uscendone turbato, ma non piegato e pronto a ricominciare la lotta.
Questi sono solo alcuni passi che sarebbe possibile ripercorrere a fianco del Grande Musicista, lungo i sentieri bergamaschi che il Maestro ha compiuto in una terra feconda e singolare, che seppe attrarre “il genio” in ogni tempo.