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Rivista 94_Tomaso Pizio

Il 18 febbraio 2003 si spegneva a Bergamo, all’età di 70 anni, l’artista Tomaso Pizio. Da allora sono trascorsi quindici anni di silenzio, nei quali, a parte qualche sporadica iniziativa nella sua valle, nessuno ha ricordato in modo strutturato la figura di questo artista – disegnatore, incisore, pittore e scultore – che pure, con il suo personalissimo alfabeto creativo, era stato per decenni tra i più presenti e attivi nel panorama artistico del nostro territorio.
A fare un primo passo per colmare questa lacuna è stata la retrospettiva “Tomaso Pizio. La sua tavolozza”, ospitata nei mesi di marzo e aprile alla Galleria Franca Pezzoli di Clusone, accompagnata da una presentazione curata in prima persona dai figli dell’artista, Chiara e Alessandro Pizio, e da Giancarlo Stucchi. Un inizio, certo, ma fondamentale per porre le basi della rilettura di un percorso artistico che, pur essendo vissuto e cresciuto in una dimensione per così dire “periferica” rispetto ai più ampi e celebrati sistemi dell’arte internazionale, merita di essere riportato in luce in quanto esemplare di come il “fare arte”, quando è rigoroso, sincero e autenticamente creativo, sia capace di fare concretamente parte della vita quotidiana, individuale o collettiva che sia.
Del resto quale è l’artista che lascia davvero un segno? A ben pensarci, non è soltanto il genio irripetibile, non è colui che attraversa come una meteora di notorietà il mercato dell’arte e – parlando sempre del contemporaneo – nemmeno colui le cui opere vivono confinate nelle sale di un museo o in qualche privatissimo salotto. [...]